Sivit: storia innovazione e futuro dei pavimenti in resina
16 Dicembre 2024
Le industrie stanno sempre più spesso abbandonando i tradizionali pavimenti in vinile, cemento o piastrelle a favore della resina, che offre migliori performance a livello di robustezza, durata, elasticità e possibilità di personalizzazione.
E le prestazioni sono migliori anche per quanto riguarda la posa: i tempi sono ridotti rispetto alla realizzazione di un pavimento tradizionale, fattore che minimizza il periodo di chiusura dell’azienda e consente una veloce ripresa delle attività lavorative.
Per un risultato ottimale è però necessario dedicare la massima attenzione alla preparazione del substrato, al mixaggio dei prodotti e al metodo di applicazione della resina: tutte le variabili, infatti, vanno valutate attentamente per ottenere un risultato a regola d’arte, il più possibile rispondente alle finalità del luogo di destinazione.
In questo articolo offriremo una panoramica generale sulle attività che precedono la posa di un pavimento industriale in resina, per poi approfondirne le fasi e i tipi di applicazione.
Crepe, disomogeneità, avvallamenti, bolle d’aria, risalita di umidità, superficie lattiginosa sono solo alcuni dei problemi cui va incontro un pavimento industriale in resina se il substrato in calcestruzzo non è stato adeguatamente preparato.
In particolare, in caso di un fondo appena realizzato, è importante lasciare che si asciughi completamente prima di procedere con la posa della resina: questa, infatti, non avendo un “corpo” proprio, necessita di una superficie forte e stabile.
Altro fattore fondamentale da considerare è l’umidità. Se, infatti, il substrato in cemento non è completamente asciutto, con l’andare del tempo si formerà dell’umidità di risalita che potrebbe causare il distacco della resina o degli strati che la compongono. In alternativa, la superficie si potrebbe offuscare e presentare un aspetto lattiginoso.
Altri fattori che possono compromettere il risultato finale sono i residui di olio, cere, silicone, detriti che non vengono rimossi dal cemento.
Un passaggio fondamentale è la preparazione del supporto: la resina, infatti, non aderisce alle zone lisce, ma necessita di una superficie ruvida per aggrapparsi correttamente.
Uno dei metodi di preparazione più utilizzati è la pallinatura, eseguita con macchinari in grado di ottimizzare i tempi “pallinando” il cemento con sferette metalliche e aspirandone la polvere, lasciando così l’ambiente pulito e pronto per i lavori.
Esistono però dei casi in cui questi macchinari con aspirazione incorporata non funzionano correttamente, ad esempio se il fondo è umido o bagnato, irregolare, con residui ostinati di materiale bituminoso, adesivi, rivestimenti elastomerici. In questi casi è consigliabile utilizzare macchine levigatrici. La polvere verrà poi aspirata a parte.
Sconsigliamo di utilizzare gli acidi, che espongono i posatori a pericoli di ustione e all’inalazione di fumi pericolosi. Sono inoltre difficili da smaltire, tendono a danneggiare il substrato penetrando nelle crepe o nelle linee di giuntura e, a contatto con il cemento, formano dei sali calcarei che, con il tempo, possono causare il distacco dello strato di resina.
Se il cemento è poroso, poi, è sempre consigliabile eseguire un trattamento preventivo con primer: senza di esso, infatti, potrebbero generarsi bolle di risalita in superficie.
I pavimenti in resina sono realizzati a strati per creare una superficie durevole e interporre eventualmente sostanze o materiali che, a seconda delle richieste del committente, li rendano antiscivolo, antifiamma, refrattari alle muffe ecc.
Per prima cosa, l’ambiente da trattare deve essere liberato da macchinari ed eventuali ingombri. Come indicato nel paragrafo precedente, è necessario dedicare la giusta attenzione alla verifica delle condizioni del substrato e alla sua accurata pulizia. Se ci sono crepe è bene riempirle, ad esempio con una malta a base di resina epossidica, che andrà livellata prima di procedere con le fasi successive.
Il substrato viene poi trattato con un primer, a base d’acqua o solventi che ha la funzione di chiudere i pori, creare una superficie uniforme per la posa dei successivi strati e favorire l’adesione della resina. Il primer viene lasciato completamente asciugare, è carteggiato e ripulito dalla polvere.
In seguito viene di norma posato uno strato di resina che avrà il compito di rinforzare il substrato e di rendere il pavimento durevole, refrattario a urti e abrasioni, resistente alle sollecitazioni.
Si tratta di un passaggio delicato, che richiede esperienza e competenza: il posatore, con rullo o spatola, preleverà la giusta quantità di prodotto muovendo l’attrezzo in modo da incrociare le passate in verticale e in orizzontale. Questo consente di creare una superficie uniforme e di scongiurare la formazione di bolle d’aria. Un altro elemento a cui prestare attenzione è lo spessore: strati di resina troppo densi potrebbero creparsi, rallentare eccessivamente l’indurimento del pavimento o creare un effetto lattiginoso. Dopo circa 12 ore è di solito steso un secondo strato di resina.
Il passaggio finale prevede l’applicazione di una finitura trasparente o colorata con funzione protettiva.
Per un indurimento ottimale, l’ideale è che la temperatura ambientale, il substrato e la resina si trovino a una temperatura di ventuno – ventiquattro gradi.
Adesso abbiamo una visione generale delle varie fasi di posa di un pavimento industriale in resina: possiamo quindi entrare nel dettaglio e aggiungiamo qualche informazione più tecnica.
Il supporto e la sua preparazione
“Preparazione” è un termine che, nel nostro caso, indica tutto l’insieme delle operazioni necessarie a garantire un ottimo supporto allo strato in resina e la sua perfetta adesione nel tempo, anche se sottoposto a stress meccanici prolungati, sbalzi di temperatura, contatto con acqua ecc.
Obiettivo delle operazioni preliminari è eliminare tracce di ogni sostanza che potrebbe compromettere l’adesione, livellare parti di superficie sollevate, rendere la superficie “rugosa” per permettere una perfetta unione tra substrato e resina.
Di solito, i sistemi di preparazione del supporto più utilizzati sono:
a) Carteggiatura (o abrasivazione)
La carteggiatura (o abrasivazione) viene eseguita utilizzando un macchinario monospazzola dotato di un disco abrasivo.
Si tratta di un tipo di preparazione facile da eseguire, che ha però la limitazione di poter essere utilizzata per cicli applicativi che risultano in un basso spessore. È poi adatta alla preparazione di superfici nuove, compatte, che non sono ancora state sottoposte a un’usura tale da compromettere l’integrità della superficie.
La levigatura (o molatura) può essere eseguita a secco o a umido, ed è un trattamento che si esegue utilizzando una macchina a rotazione su asse verticale, con piatti su cui sono fissati utensili abrasivi. Il metodo a secco è quello più diffuso.
La levigatura permette di ottenere superfici uniformi, e consente di regolare il grado di finitura.
Rispetto alla carteggiatura, i tempi di esecuzione sono più lunghi.
La pallinatura è un trattamento che si esegue utilizzando macchine che avanzano a velocità regolabile e “sparano” pallini metallici. Questi ultimi non rimangono sulla superficie, ma sono recuperati in modo automatico dalla macchina e separati da scorie e residui.
Durante la lavorazione la polvere che si crea viene rimossa in automatico dalla macchina: questo consente di eseguire la pallinatura anche in ambienti che si trovano vicino ad aree produttive, dove gli operatori stanno lavorando.
Un altro vantaggio è dato dal fatto che questo trattamento si può eseguire su superfici sia nuove che degradate a livello superficiale.
Le macchine che eseguono la pallinatura hanno un costo medio – alto: gli applicatori che non ne hanno una a disposizione possono rivolgersi a ditte specializzate nella preparazione meccanica delle superfici.
Anche le superfici molto degradate o friabili possono ricevere un trattamento preparatorio: in questi casi si sceglie la fresatura, che si esegue con una macchina a tamburo rotante sull’asse orizzontale. È equipaggiata con utensili di metallo duro in grado di asportare spessori notevoli, superiori a cinque millimetri per ogni passata, distanziati in modo da ottimizzare e rendere più efficace il trattamento.
Proprio a causa dello materiale rimosso, i pavimenti sottoposti a pallinatura devono ricevere cicli applicativi di almeno tre o quattro millimetri di spessore.
Il sistema di preparazione viene scelto in base al livello di integrità del supporto e al suo grado di inquinamento: bisogna considerare, cioè, se le eventuali sostanze che lo macchiano sono ferme in superficie o se sono penetrate in profondità.
Un altro elemento fondamentale da considerare è il ciclo di trattamento resinoso che verrà adottato.
Ricordiamo che, al termine di ogni operazione di preparazione del supporto, è sempre necessario eliminare completamente la polvere, o tutto il lavoro sarà stato vano e il rivestimento finale presenterà importanti difetti!
Dopo avere eseguito le operazioni di preparazione, è sempre necessario controllare attentamente le condizioni del supporto per verificare che possa accogliere senza problemi la posa della resina.
In particolare, bisogna prestare attenzione al grado di umidità e allo stato generale, dato da coesione, pulizia, condizioni dei giunti e possibili fessurazioni.
Eseguito il controllo, è possibile che sia necessario dedicarsi al ricondizionamento delle superfici, cioè a operazioni di preparazione limitate a singole zone che presentano specifiche criticità.
Le attività di ricondizionamento cambiano in base al materiale del supporto; ad esempio, se la superficie è in calcestruzzo si devono eliminare tutti gli agenti contaminanti come polveri, grasso, olio o boiacca di cemento. un impasto liquido utilizzato per riempire le fessure.
Devono poi essere completate le operazioni di riparazione delle crepe, i lavori di regolarizzazione della superficie e i ripari a diverse profondità.
Se, invece, la resina sarà posata su una superficie ricoperta da piastrelle, sarà necessario verificare il loro ancoraggio al massetto e rimuovere quelle che rischiano di staccarsi.
In definitiva, il posatore deve assicurarsi che la superficie abbia il giusto grado di finitura per garantire l’adesione del rivestimento.
Come anticipato, temperatura e umidità dell’aria influenzano profondamente la duttilità, il grado di adesione e i tempi di indurimento della resina.
Le condizioni ottimali prevedono una temperatura ambientale tra i +10°C e +30°C e l’umidità dell’aria dovrebbe oscillare tra il 40% e il 75%, senza mai superare l’80%.
Inoltre, non va mai sottovalutata la sicurezza degli operatori, che devono sempre utilizzare i DPI (dispositivi di protezione individuali) previsti per le operazioni di applicazione. Il pavimento su cui andrà stesa la resina deve essere delimitato con nastro adesivo.
Ma quali sono i principali tipi di applicazione? Li vediamo brevemente di seguito.
Impregnazione
È il tipo di applicazione più semplice. Si tratta della verniciatura del pavimento con un prodotto trasparente, utilizzato come primer o come mano unica che rende il pavimento antipolvere e più facile da pulire.
Tra i prodotti Sivit usati come impregnante ricordiamo Paviwater T68 (link), epossidico all’acqua che si applica in più riprese successive a rullo e a pennello.
Verniciatura
Rivestimenti con spessori inferiori a 0,3 millimetri si realizzano con vernici di solito pigmentate che formano una pellicola continua, di colore uniforme.
I prodotti utilizzati si possono diluire in acqua o in solvente. Essendo spesso bicomponenti, devono essere attentamente miscelati con un mescolatore meccanico.
Per l’applicazione si possono usare pennelli o rulli.
Rasatura
Per la rasatura si usano di solito prodotti bicomponenti epossidici, poliuretanici o miscele dei due.
Per ottenere un risultato uniforme, i prodotti a due componenti con viscosità medio – alta devono essere mescolati meccanicamente e posati con spatola americana o racla rasante.
Il sovrapporsi di più riprese a rasare consente di ottenere pavimenti in resina che possono superare 1 mm di spessore.
Multistrato
Come dice il nome, il rivestimento multistrato si realizza sovrapponendo più applicazioni e inserendo tra ogni strato materiale inerte, di solito quarzo. Questo per aumentare lo spessore e dotare il rivestimento di specifiche caratteristiche.
Lo spessore finale dipende dal numero di riprese e dalla dimensione del materiale inerte utilizzato, ma dev’essere di norma almeno 1,5 millimetri.
Autolivellante
La resina autolivellante, una volta posata, tende a livellarsi in modo autonomo, creando una superficie liscia e uniforme. I prodotti utilizzati sono a due o a tre componenti, abbastanza fluidi da permettere il livellamento.
La miscela viene versata direttamente sulla superficie e stesa con racla o spatola dentata.
Mentre il prodotto è ancora fresco, per evitare la formazione di bolle d’aria che potrebbero compromettere il risultato finale, è necessario passare un rullo frangibolle.
Lo spessore finale che si ottiene è di 2 – 3 millimetri.
Massetto
I massetti si realizzano con resine epossidiche o poliuretaniche unite a cariche minerali.
La miscela che si ottiene dalla combinazione di questi componenti non è autolivellante, e va stesa con cazzuole o spatole americane. In seguito si procede alla staggiatura, operazione che consente di compattare la superficie. Per concludere, si inumidisce una spatola americana con del solvente per facilitare l’operazione di rasatura e si passa un frattazzo meccanico per lisciare la superficie.
Giunti
Di solito, i pavimenti su cui si stendono i rivestimenti in resina non sono continui, ma presentano dei giunti, che possono essere di contrazione (evitano che, in fase di indurimento del calcestruzzo, si formino fessure) o di costruzione (si realizzano in fase di costruzione per delimitare il getto giornaliero di calcestruzzo).
Si tratta di elementi di discontinuità che, in base alla loro natura, vanno trattati in modo specifico per garantire un risultato ottimale.
Segnaletica orizzontale
Sulla superficie dei pavimenti in resina è possibile segnalare visivamente aree di lavoro, attraversamenti pedonali, corridoi, vie di fuga e realizzare segnaletica orizzontale.
Una caratteristica importante, che razionalizza le aree produttive e che aumenta la sicurezza nei luoghi di lavoro e nei luoghi pubblici.
La tecnica applicativa della segnaletica prevede la posa di nastri adesivi di carta o plastica per delimitare gli spazi entro i quali la resina viene stesa a rullo o a pennello.
Mixare prodotti troppo velocemente o senza la dovuta attenzione può portare alla formazione di bolle d’aria, colore non uniforme e altri difetti.
Consigliamo quindi di mescolare la base e l’indurente separatamente prima di unirli in un contenitore di dimensioni adeguate, assicurandosi che non siano presenti grumi, bolle o striature di colore. Alcuni posatori preferiscono versare la miscela in un apposito vassoio basso in modo da facilitare i movimenti del rullo applicatore; altri versano la miscela direttamente sulla superficie da trattare e procedono a stenderla con il rullo.
Bisogna tenere a mente che il prodotto, una volta mescolato, deve essere steso entro trenta – quaranta minuti prima che inizi a solidificarsi.
Sivit ha un’esperienza di oltre 40 anni nel settore della produzione e vendita dei formulati in resina per pavimenti ed è in grado di proporre soluzioni su misura per ogni tipo di realtà industriale o commerciale.
Per richiedere maggiori informazioni, conoscere i referenti della tua zona o ricevere un preventivo personalizzato, è possibile contattare Sivit alla mail commerciale@sivit.it o contattare il numero 011 2730033.